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Come Dolly

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Chi mi legge (già... Chi mi legge?) avrà capito che ho preso ad amare la tanto odiata (ai tempi della scuola) fisica. Bestiale l'ostinazione con cui mi cimento nella lettura di testi divulgativi, redatti pazientemente da autori che si impegnano nel rendere accessibili concetti impossibili ad idioti del mio calibro. Sostanzialmente, mi pare d' aver capito che la fisica studia una realtà, la quale può esser definita tale, solo laddove si verifichino degli eventi. Nell'ipotesi di un Universo in cui nulla si manifesti e tutto resti eternamente statico, neppure avrebbe senso l'esistenza di tale, stupefacente scienza. Da millenni, le più grandi menti s'interrogano ed hanno intuizioni sulla natura di ciò che ci circonda. E litigano di brutto: da chi sosteneva che lo spazio esiste di per sé stesso, così come il tempo, a chi, di contro, giurava che, soltanto se esistono "oggetti" da poter mettere in relazione tra loro e di cui osservare i cambiamenti, è...

Cosa resta quando l'amaro finisce

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Lo scorso Natale un'amica mi ha regalato la bottiglia d'amaro che potete ammirare nella qui di sopra foto. La sera che l'ha portato l'abbiamo assaggiato, dopodiché l'ho riposto sul qui di sopra frigo e mai più toccato. O almeno non io. Perché seppur l'amaro, a prima vista, fosse sempre lui, ad uno sguardo più attento, ho notato che, nel giro di un mese, il livello del liquido dentro la bottiglia, era calato di 4 dita buone. Ed avendola fotografata dopo la prima (e unica) bevuta, ne avevo le prove tangibili. Al che ho chiesto alle persone che frequentano casa mia (pressoché nessuna) se per caso, complice una precoce demenza senile, non ricordassi di averlo offerto loro. Nada. Allora ho fatto il terzo grado a mia figlia nella speranza che confessasse di averlo incidentalmente rovesciato con qualcuna delle palline di gommapiuma con cui si diletta pur non dovendo o, addirittura, assaggiato con qualche amichetta, così, giusto per combinarmela. Ma nada di ...

Pensione? Non penso!

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L' altro giorno, in un episodio di masochismo estremo, sono stata all'INPS per indagare sulla mia situazione disper - ehm - pensionisticahahahah. Salta fuori che dovrò sgobbare fino all'imminentissimo 2048hohohoh (sì, c'era pure Babbo Natale che deve averne i coglioni pieni pure lui di lavorare). Peccato mio padre non ci sia più: avremmo potuto festeggiare insieme. I 100 anni lui, l'agognata pensione io. Ammesso che ci arrivi a 69 anni. E, qualora ci arrivi, Alzheimer permettendo. Ma di sicuro #andratuttobbeneheheheh: il '48 arriverà in un battibaleno, io sarò più arzilla che mai (bastarerà poco dato che arzilla, io, mai stata manco da bambina) e potrò godermi lunghi anni di riposo, svago e folleggiamentihihihih (sono realista e, se non l' Alzheimer, almeno un pizzico di demenza senile devo metterla in conto). Comunque mi ci vedo proprio, alla soglia dei 70, a rivestire i panni di educatrice in una RSA per anziani. E meno male che, a proposito di...

Impercettibile

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Perché non vieni a prendermi come facevi una vita fa? Un sabato sì ed uno no, uscendo dal portone, ti trovavo lì, contro il muro antistante la scuola, fermo ad aspettarmi. Certo, ora sono grande, anzi vecchia, il liceo è finito da un pezzo (a breve dovrò iscriverci Viola), ma io ho ancora bisogno di te. Che, quando ne combinavo una delle mie, tipo rimodellare l'aspetto della Lancia Y a suon di "na botta deqquà, una dellà" , dicevi: "Sta tranquila... Rangiuma tut!". Perché sai? Son piena di cose da aggiustare, a partire da me. Solo, credo, prima dovresti aiutarmi a raccogliere i cocci. Son sempre stata fragile. E la vita, raramente maneggia con cura i suoi figli. Ma negli ultimi tre anni il ritmo del mio sgretolamento ha aumentato i battiti. Potrei consolarmi nella speranza che gli spigoli di "ciò che resto" siano taglienti al punto da scoraggiare chiunque si avvicini. Ma non mi consola nemmeno più stare sola: da quando ci sguazzo, nel mio isolamento an...

Let it snow

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Come non apprezzare il cielo plumbeo-uniforme che incombe sulle nostre teste, quando tutto il resto del mondo è sepolto da una candida coltre di acqua ghiacciata in cristalli? Come non amare la sensazione monocromatica di soffocamento/claustrofobia che ti assale quando la mattina ti affacci alla finestra e constati che: "finalmente, cazzo, nevica!"? Già... Come? Ve lo dico io: non si può, a meno di non essere in età scolare e poter tornare a letto perché: "la scuola è chiusahahahah!". Figurarsi che a me, eccezion fatta per il discorso scuole+chiuse, la neve piaceva poco già da bambina. Sì, perché stare al freddo di allora con indumenti tecnici anni '80 che non possedevo era una tortura per liberarmi dalla quale ero costretta, volente o nolente, a muovermi, mani e piedi dolenti, in una lotta all'ultimo sangue contro il congelamento dello stesso nelle vene. Il che conduce ad una sola, possibile conclusione: riscaldarsi&sudare al freddo. Non con...

La vita è una scala

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Nel video di yoga di 'sta mattina, l' insegnante invita a ripetere più volte, mentalmente, la seguente intenzione: "tutto ciò di cui necessito è già dentro di me". Ebbene, io ci ho provato. Dopo la lezione mi sono immaginata di discendere un'ipotetica scala (diroccata e pericolante) che avrebbe dovuto condurmi nei meandri di ciò che chiamo "me". In effetti qualcosa c'era: 1) ODIO declinato in tutte le sue forme, quali rancore, astio, livore, acredine, risentimento; 2) RABBIA e derivati, come ira, stizza, collera, bile; 3) TRISTEZZA in tutte le sue varianti, ossia amarezza, delusione, pesantezza, disperazione, depressione. I casi sono 3: o, per ciò di cui ho bisogno, c'era un ascensore che non ho visto, o devo cercare con maggiore attenzione, oppure ho veramente bisogno di siffatte, brutte cose. Bypassando il discorso ascensore, che, per restare in tema, odio, ho pensato di cercare più a fondo. Così ho continuato la discesa della scala...

Mi son rotta

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Sono rotta,  un rottame, la più rotta del reame,  giuro: chiedi al vecchio specchio  delle mie brame, infame!  Se non scrocchio,  o cigolo o intercetto lo spigolo del tavolo col mignolo,  maledetto! Ho il malocchio? Non so, però  male all'occhio,  quello ce l'ho...  No, ora no...  Anzi si, che se ci penso torna, e intenso, che tormento! Poi la schiena (c'è qualcuno che mi mena nottetempo?)  Da uno a cento faccio pena  cinquecento,  sacramento! Si, l'Estrema Unzione, no? Che di anni me ne sento centoventi,  deambulo un po' a stento,  assecondo i miei malanni (uno nuovo  al secondo).  Tipo quello all'orecchio,  se mi muovo  quello dietro al ginocchio.  Io abbondo: tra i mali non mi manca manco l'anca,  sono stanca: c'è il gomito,  c'è la spalla,  l'indomito polso destro che traballa,  ma non molla con 'sta foga dello yoga...  È che sfoga,  è salutar...