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Visualizzazione dei post da ottobre, 2023

la vita è bulla

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Spesso e volentieri mi pizzico le dita nel cassetto dei sogni. Chissà perché mi ostino ancora a sbirciarci dentro... Sarà che sono tutta sola, qui, nel mio castello in aria, che negli armadi trovo solo scheletri da spolverare, e che mi annoio... Dunque, mi ritrovo ad aprirlo per liberare chimere, speranze ed illusioni, che, leste, balzano fuori, si separano e sparpagliano per nascondersi negli anfratti più reconditi delle infinite, ampie e polverose stanze del castello. Per quanto le insegua, esse sono abilissime nel seminari e confondermi, e, prima che riesca a decidere su quale di loro concentrare i miei sforzi, si sono dileguate tutte. Se, per caso, ne scovo una, già si è trasformata in disillusione, nel migliore dei casi. Nel peggiore, in incubo. In compagnia della delusione di turno, dunque, mi ritiro in camera da letto e, non avendo speranze a disposizione, nutro al loro posto dubbi e timori già di per sé obesi, mentre accarezzo idee che andrebbero prese a pugni e ten

Nera... ma il cielo è sempre più blu

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Ricordo quando ero affamata di vita. Erano i giorni in cui non contavano domande quali: "con chi? ", "dove?" o "a fare cosa?". L'importante era andare per le vie del mondo e fare cose. O niente, anche, a parte girar come la merda nei tubi a scoprir chi avesse la testa più grossa. Poi dev'essere successo qualcosa: ho incontrato qualcuno di cui avrei fatto volentieri a meno. Non so esattamente che anno fosse, ma so che IRA lì per me, la prima volta in cui andai a cacciarmi in quel maledetto AVVILIMENTO del terreno. Terreno così RABBIOSO da non poterne risalire la cima e da costringermi laggiù, in quella DEPRESSIONE. E così si è insinuata nella mia vita: con fare a-BILE, adescandomi suadente a FURIA di bocconi, amari di pane e FIELE. Da allora sono in ABULIA di quest'essere che dispone di me come meglio crede. Spesso me la trovo tra i piedi di prima mattina: mi fissa mentre sorseggio la prima STIZZA di caffè seduta sulla mia ACEDIA o p

Chiavi? No, grazie...

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Dev'esserci un motivo se le scuole tendono ad accumulare, negli anni, quantità di chiavi non quantificabili. Esse si manifestano (ovviamente solo se non le stai cercando) in tutte le forme, dimensioni e colori che lo scibile umano può contemplare: chiavi a mappa singola, a mappa doppia, a cilindro, a doppia faccia, a punzonate, chiavi a pompa, a doppia traccia, tubolari, a curve con coda di rondine, passpartout e chiavi di sicurezza. A volte sole solette, spesso in mazzi, quasi mai con portachiave recante indicazioni sull'utilizzo delle stesse (e, qualora ci sia, riporta scritte sbiadite, illeggibili o sbagliate), molte nuove, altrettante vecchie. Chiavi conservate in scatole di cartone polverose, in barattoli di latta decorati a decoupage e appese a puntine fissate su assicelle di legno o in cassette per le chiavi appese ai muri. Chiavi con cappucci di gomma di disparati colori, che disperata vai cercando quella verde ma è l'unico colore che ti manca e a nulla

Al di là delle ombre

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La prima volta che mi son sentita diversa è stata proprio qui: in quelli che, ora, sono spazi destinati alle classi della scuola elementare, ma, ai miei tempi, erano territorio della materna. Ricordo vagamente la scena della me 4/5enne nel salone dove riunivano le tre classi per il pascol-ops-gioco "libero", osservare le altre bambine travestirsi ed allestire, con scampoli di stoffa colorati, precarie abitazioni ove giocare "alla famiglia". Rammento invece meglio, il dubbio che mi attraversa la mente in quel frangente, ossia: "Ma come fanno a divertirsi così?". E dato che tutte le bambine erano gioiosamente coinvolte in siffatta, ludica attività, da cui io soltanto mi tenevo a distanza in qualità di osservatrice allibita, ho cominciato a nutrire seri dubbi di non essere normale. Dubbi che avrei dovuto lasciar morire di fame, e che, invece, ho continuato a pascere per anni. E che mi hanno portata, prima, a sospettare di essere inadeguata a tutto