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Visualizzazione dei post da febbraio, 2023

Let it snow

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Come non apprezzare il cielo plumbeo-uniforme che incombe sulle nostre teste, quando tutto il resto del mondo è sepolto da una candida coltre di acqua ghiacciata in cristalli? Come non amare la sensazione monocromatica di soffocamento/claustrofobia che ti assale quando la mattina ti affacci alla finestra e constati che: "finalmente, cazzo, nevica!"? Già... Come? Ve lo dico io: non si può, a meno di non essere in età scolare e poter tornare a letto perché: "la scuola è chiusahahahah!". Figurarsi che a me, eccezion fatta per il discorso scuole+chiuse, la neve piaceva poco già da bambina. Sì, perché stare al freddo di allora con indumenti tecnici anni '80 che non possedevo era una tortura per liberarmi dalla quale ero costretta, volente o nolente, a muovermi, mani e piedi dolenti, in una lotta all'ultimo sangue contro il congelamento dello stesso nelle vene. Il che conduce ad una sola, possibile conclusione: riscaldarsi&sudare al freddo. Non con

La vita è una scala

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Nel video di yoga di 'sta mattina, l' insegnante invita a ripetere più volte, mentalmente, la seguente intenzione: "tutto ciò di cui necessito è già dentro di me". Ebbene, io ci ho provato. Dopo la lezione mi sono immaginata di discendere un'ipotetica scala (diroccata e pericolante) che avrebbe dovuto condurmi nei meandri di ciò che chiamo "me". In effetti qualcosa c'era: 1) ODIO declinato in tutte le sue forme, quali rancore, astio, livore, acredine, risentimento; 2) RABBIA e derivati, come ira, stizza, collera, bile; 3) TRISTEZZA in tutte le sue varianti, ossia amarezza, delusione, pesantezza, disperazione, depressione. I casi sono 3: o, per ciò di cui ho bisogno, c'era un ascensore che non ho visto, o devo cercare con maggiore attenzione, oppure ho veramente bisogno di siffatte, brutte cose. Bypassando il discorso ascensore, che, per restare in tema, odio, ho pensato di cercare più a fondo. Così ho continuato la discesa della scala

Mi son rotta

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Sono rotta,  un rottame, la più rotta del reame,  giuro: chiedi al vecchio specchio  delle mie brame, infame!  Se non scrocchio,  o cigolo o intercetto lo spigolo del tavolo col mignolo,  maledetto! Ho il malocchio? Non so, però  male all'occhio,  quello ce l'ho...  No, ora no...  Anzi si, che se ci penso torna, e intenso, che tormento! Poi la schiena (c'è qualcuno che mi mena nottetempo?)  Da uno a cento faccio pena  cinquecento,  sacramento! Si, l'Estrema Unzione, no? Che di anni me ne sento centoventi,  deambulo un po' a stento,  assecondo i miei malanni (uno nuovo  al secondo).  Tipo quello all'orecchio,  se mi muovo  quello dietro al ginocchio.  Io abbondo: tra i mali non mi manca manco l'anca,  sono stanca: c'è il gomito,  c'è la spalla,  l'indomito polso destro che traballa,  ma non molla con 'sta foga dello yoga...  È che sfoga,  è salutare,  sempre meglio  della droga,  mi fa bene quando non mi faccio male,  cioè spesso. 

Vigile resa

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Non mollo il controllo,  che faccio?  Mi ammazzo o mi uccido? Che dici?  Mi affido alla vita?  Ci penso...  Da buona esaurita scompenso: mi sembra  che tutto sia privo di senso,  non vero.  E sclero.  Chi dice: "la vita è  una lotta!"  si fotta,  ché non mi s'addice.  Io credo,  la vita,  si celi nel lento respiro che esplora gli spazi di vuoti  silenti.  Rallenta...  Silenzio...  Rimane in attesa.  Ché non fa rumore la resa,  a stento si sente  quel suono d'attento abbandono.  P.s. Comprate il libro così la smetto di scassare!