Al di là delle ombre

La prima volta che mi son sentita diversa è stata proprio qui: in quelli che, ora, sono spazi destinati alle classi della scuola elementare, ma, ai miei tempi, erano territorio della materna. Ricordo vagamente la scena della me 4/5enne nel salone dove riunivano le tre classi per il pascol-ops-gioco "libero", osservare le altre bambine travestirsi ed allestire, con scampoli di stoffa colorati, precarie abitazioni ove giocare "alla famiglia". Rammento invece meglio, il dubbio che mi attraversa la mente in quel frangente, ossia: "Ma come fanno a divertirsi così?". E dato che tutte le bambine erano gioiosamente coinvolte in siffatta, ludica attività, da cui io soltanto mi tenevo a distanza in qualità di osservatrice allibita, ho cominciato a nutrire seri dubbi di non essere normale. Dubbi che avrei dovuto lasciar morire di fame, e che, invece, ho continuato a pascere per anni. E che mi hanno portata, prima, a sospettare di essere inadeguata a tutto e tutti, in seguito sfavorita dalla vita perché mai "abbastanza": bella, brava, simpatica, intelligente, capace, uguale agli altri. Per quanto abbia conquistato, crescendo, maggiori certezze e aumentato il mio livello di consapevolezza, la sensazione originaria permane. Parimenti ai vecchi tempi in cui mi domandavo il perché dei giochi delle coetanee, ad oggi, mi chiedo come la gente che mi circonda possa restare nella vita come fosse tutta lì. Ecco, l'ho detto... Ed ora mi tocca spiegarlo, pur sapendo che che farò fatica a farlo... Allora... Come riescono, le persone, a farsi bastare la vita quale successione di azioni pressoché ripetitive, giorno dopo giorno dopo giorno, senza impazzire all'ennesima, amletica, profonda, fottuta domanda: "Cosa mangiamo 'sta sera a cena?" formulata in mezzo al traffico, o in coda al supermercato, o mentre si sta scrollando Instagram e sbraitando al figlio di turno: "Smetti con sto telefono e metti in ordine camera tua...". È possibile che l' esistenza umana non sia altro che nascere, crescere, andare a scuola, trovarsi un lavoro, costituire una coppia, fare (o non fare) figli, separarsi, perdere figli ogniqualvolta si va a far la spesa all'Esselunga, invecchiare, magari ammalarsi, morire di sicuro? Sì, lo so che ho omesso le parti migliori: tribolare a capire chi sei, smadonnare&cristonare con intelligenze artificiali sul sito dell' Inps, incontrare disagiati in lunga, costante ed infinita successione con cui instaurare relazioni che non avrebbero avuto senso in nessuno degli universi paralleli/perpendicolari possibili, farsi frustrare nei propri sogni e frustare dalle contingenze e dai giudizi altrui, prendere oggi decisioni difficili che già avresti dovuto prendere ieri, ma stai ancora cercando qualcuno cui sbolognarle affinché ci pensi per te o comunque tentando di tergiversare fino a domani, al massimo lunedì, dai. Sono certa che la maggior parte delle persone (me compresa. No... me incompresa) risponderebbe: " E quindi? Cazzo vuoi? QUESTA è la vita... Cos'altro pretendi che sia?". Già... Bella domanda... In effetti, in alternativa all'alternaza sonno/veglia in mezzo ai quali snocciolare azioni per lo più obbligate, di scarso senso/interesse, per lo più ripetitive, nonché fastidiose, ebbene, in effetti, non so che altro potremmo fare. E sia chiaro che non mi riferisco esclusivamente a chi conduce vite poco soddisfacenti, intrappolate in relazioni, lavori e stili di vita sbagliati. Parlo anche per i realizzati. Ok... Sono sicuro che non mi capite. D'altronde manco io ci riesco. Ma so che mi manca qualcosa che nessuno mai potrà darmi: un senso. Comunque tranquilli, lasciate che farnetichi... Tanto io sono: 1) "pazza", per chi non ha peli sulla lingua; 2) "strana", per chi non ne ha, e vuole pure aggiungere una nota di negatività al concetto di pazzia; 3) "particolare" per chi non si scandalizza del mio modo d'essere e quasi lo apprezza; 4) "speciale" per chi lo apprezza davvero. Mi piace sentire gli altri che tentano di definirmi [in fondo è nella nostra natura dare nomi (e nomacci) a tutto&tutti: ci fa sentire più sicuri, "nel giusto" e allunga le distanze tra noi e il mondo crudele]. Mi piace perché, a diversità loro, così sicuri di chi io sia, io non lo so affatto. So chi credo di essere; so che, probabilmente, mi vedo attraverso gli occhi degli altri; e so che quando, di rado, mi vedo coi miei, non ho su gli occhiali. Mi sforzo, però, di pensare d'essere qualcosa di più di ciò che credo. Così come voglio credere che la vita sia più di quel che sembra. Sì, ma cosa? Ed io, chi sono? Va be: se non riesco a scacciare questo vuoto di senso che mi riempie, posso almeno trovare qualcuno che capisca cosa intendo? Non che stia male, sola nella mia stranezza... ma credo che condividerla e confrontarla con quella altrui, m' aiuterebbe a proseguire sul percorso verso l'insanità mentale intrapreso nella primissima infanzia. Tanto tornare indietro non posso. Voi, invece, riuscite ad andare avanti?
P.s. Comprate il libro NUOVO così la smetto di scassare! 

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