Beati quelli che piangono

Oggi ho voglia di piangere. O meglio: non riesco a farne a meno. Quindi piango anche se sono a lavoro, in mezzo alla gente. Tant'è che una collega mi ha già dispensato un caldo abbraccio, che male non fa e di cui ringrazio. Chi mi conosce bene sa che, al di là delle apparenze, la tristezza è il sentimento che più mi contraddistingue e che la fatica di vivere non mi abbandona mai. Per dirla con un (mio) gioco di parole: "Io sto male se sto male e pure se sto bene!!". È vero: ci son giornate più buone di altre. Anche queste, purtroppo, però hanno sempre un retrogusto amaro.Tuttavia oggi non è una di quelle. Oggi piango dentro e fuori. Piango per tutto e per niente. Piango per motivi economici, per esempio: perché Viola ha rotto gli occhiali nuovi di 6 mesi; perché conosco l'ammontare dell'importo dell'ultima bolletta del gas quando non mi son ancora ripresa dalla precedente; perché mi sono accorta che era dal lontano 2020 che non sottoponevo l'auto al tagliando che così mi è costato più di 300 euro; perché sono in attesa di multa (o multe) quasi certa/e che temo possa/no essere più salata/e dell'ultima; perché ho scoperto che se voglio iscrivermi nuovamente all'albo educatori devo ripagare da capo le tasse relative agli anni scorsi. Insomma piango perché lavoro da una vita, ho poco-niente ed avrò sempre meno, per cui mi tocca dare importanza ad ogni singolo euro, perché un imprevisto qualsiasi rischia di lasciarmi col culo per terra. 
Ma piango anche per motivi lavorativi. Il mio potente e feroce ego non accetta di buon grado che io abbia abbandonato la professione che mi ero scelta e per cui avevo speso tempo, fatica e denaro, per fare la bidella. Quindi piango perché mi sento buttata via, sminuita in un lavoro che, sono certa, viene ancora considerato umile. E mi rendo tristemente conto che quel che credevo di credere, ossia che la dignità di un lavoro non è data dal lavoro in sé, ma dalla serietà con cui lo si svolge, non era altro che un mucchio di fregnacce: il mio cuore vorrebbe vedermi ricoprire quei ruoli "prestigiosi" che ho sempre creduto di pensare non esistessero, in realtà: "i lavori sono tutti uguali". Invece mi sento frustrata dal fatto di essere bidella, invece di poetessa affermata. Ed è anche a proposito della poesia che piango. Piango la difficoltà di vendere i frutti della mia fatica, che sempre passa attraverso forti insistenze da parte mia, senza le quali manco amici e parenti, forse, li avrebbero acquistati. Piango perché nonostante tenti di proporre contenuti divertenti e stimolanti, sui social arrivo ad un massimo di 3 "mi piace". E pensare che sono piena di "amici" che postano la qualunque piuttosto di condividere qualcosa di mio. Piango perché "nessuno è profeta in patria". Infatti, sebbene mi sia sempre donata in anni di volontariato per il paese, non riesco ad avere più di 20 persone alle mie presentazioni. E siamo 5000.
Piango perché a questo punto devo soprassedere: probabilmente sono troppo superba. In realtà scrivo di merda e merito il nulla che ottengo, facendolo. 
Ah, piango perché le mie relazioni interpersonali sono un disastro. Tutte. Ma per fortuna sono poche. E piango anche perche, pur facendolo con una certa costanza, i miei occhi non si fan più belli. Nè, tanto meno, io.
Infine piango perché mi vergogno di aver scritto tali, patetiche cose e già mi immagino i commenti di chi dirà che "faccio la vittima". Io non faccio la vittima. Io sono una vittima. Vittima di un carnefice che scorgo ogni mattina allo specchio. Fanculo va!
P.s. Comprate il TERZO libro così mi consolo!
P.s.2 Ciao Pà!

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