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Visualizzazione dei post da maggio, 2024

Vite rotte

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Essendo sempre più convinta che ciascuno di noi è malattia, dottore e cura di sè stesso, mi sono cimentata nella lettura del libro di cui parlerò, al fine di indagare, il più possibile in autonomia, le cause ed i sintomi della mia condizione di disturbata (da voi e di mio). L'autore ha grandi pretese: paragonare l'animo delle persone alla ceramica, materiale suscettibile di facili rotture. Egli ci accompagna, dunque, in un viaggio alla scoperta dell'antica arte giapponese del Kintsukuroi, che si serve di fogli d'oro o d'argento per ricomporre i frammenti degli oggetti in ceramica rotti. L'intento non è certo quello di mimetizzare o nascondere le riparazioni; al contrario, si tratta proprio di mettere in evidenza le crepe per rendere l'oggetto più bello e desiderabile, nella sua nuova veste lucente e preziosa. Insomma sembra l'arte delle seconde opportunità. Il libro crea un parallelismo con le persone: anch'esse, qualora si rompano, posso

Darsi un tono

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Avendo preso la mano a tale indagine dei tratti che definiscono la mia specifica pazzia, ho continuato il ripasso degli appunti di psichiatria  con annesso ascolto esperti vari. Il tutto dopo aver attraversato ciascuna delle straordinarie fasi dell' "elaborazione del lutto". Che sono: 1) NEGAZIONE, ovvero "Ma che cazzo scrivono? Ah... Già gli appunti li ho scritti io... Va be... Che cazzo mi hanno fatto scrivere? Io non ho nessun disturbo. È il mondo che mi disturba. È la gente ad essere disturbata, non io... ". Oppure "Io sto benissimo. A patto di star da sola, non uscir di casa e aver nulla da dover fare...". A mano a mano che ci si avvicina alla seconda, ci si lancia in esternazioni quali: "Ok... Se ho un disturbo io, allora tutti gli altri?", che denota che si è maturi per la: 2) RABBIA. "È che cazzo! Spacco tutttooo. Di chi è la colpa? Cosa mi avete fatttooo, maledetttiii..." e, tanto per aver le idee confusamente c