Cosa resta quando l'amaro finisce


Lo scorso Natale un'amica mi ha regalato la bottiglia d'amaro che potete ammirare nella qui di sopra foto. La sera che l'ha portato l'abbiamo assaggiato, dopodiché l'ho riposto sul qui di sopra frigo e mai più toccato. O almeno non io. Perché seppur l'amaro, a prima vista, fosse sempre lui, ad uno sguardo più attento, ho notato che, nel giro di un mese, il livello del liquido dentro la bottiglia, era calato di 4 dita buone. Ed avendola fotografata dopo la prima (e unica) bevuta, ne avevo le prove tangibili. Al che ho chiesto alle persone che frequentano casa mia (pressoché nessuna) se per caso, complice una precoce demenza senile, non ricordassi di averlo offerto loro. Nada. Allora ho fatto il terzo grado a mia figlia nella speranza che confessasse di averlo incidentalmente rovesciato con qualcuna delle palline di gommapiuma con cui si diletta pur non dovendo o, addirittura, assaggiato con qualche amichetta, così, giusto per combinarmela. Ma nada di nuovo. Ovviamente ho accusato l'alcolizzato del terzo capitolo del mio libro come indiziato numero uno. Ma, anche qui, nada. Ho minacciato, fatto sceneggiate, controlli incrociati tentando di instillare sensi di colpa nell'una e nell'altro per il fatto che, qualora colpevoli, continuando a negare, mi avrebbero costretto a dare la colpa ad un innocente. E, avendo io, un innato dono nel rompere il cazzo in situazioni simili, sono convinta che, se non altro per sfinimento, entrambi, se responsabili, avrebbero ceduto. Ero quasi pronta e dimenticare, quando, dopo poco, il liquido è sceso ancora. E avendo fotografato la bottiglia dopo il fattaccio n. 1, nuovamente, ne avevo le prove. E via di nuovo con la trafila or ora descritta che mi ha condotto allo stesso risultato: non ha stato nessuno. Ergo, come dice Sherlock Holmes: "Quando hai escluso l'impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità". Ecco perché dev'essere vera una delle seguenti opzioni:
1) ho una gatta super prestante in grado di stappare la bottiglia, versarsi un goccetto, richiuderla e sorseggiare amabilmente il suo cicchetto. Il che spiegherebbe perché non riesce ad aprire le porte socchiuse: è ubriaca. Ma questo è un deficit che manifesta da sempre, quindi è da escludere dalla lista dei sospettati;
2) la mia dimora è infestata dai fantasmi, o meglio poltergeist, in grado di interagire con la materia ed eseguire le operazioni descritte nel punto 1. Dato che i fantasmi sono invisibili, è possibilissimo che le mie amate stanze pullulino di presenze ubriache che mi pigliano per il culo, magari mentre faccio yoga, scimiottando le mie mosse. Tanto, dovessero cadere (perché, appunto, ubriache), chi cazzo le sente?
Alla fine, non venendone a capo, ho deciso di lasciare perdere, ma non prima di aver finito la bottiglia con un amico: non avrei retto un terzo Round. L' alcol invece, quello lo reggo, dopo anni di assidua pratica. D'altronde, per digerire la faccenda, mi ci voleva quel po' di digestivo che restava. Ma vi dirò che la questione insoluta mi è rimasta sullo stomaco: il "bevo per dimenticare" funzionicchia soltanto. Insomma: una storia che lascerebbe l'amaro in bocca (già, ma la bocca di chi?) se non fosse che non ce n'è più: finito a suon di brindisi alla faccia (di cazzo) del ladro. 

P.s. Comprate il libro così la smetto di scassare! 

Commenti

  1. Se è vero l' assunto " bevo per dimenticare", come fa l' autore dell' atto ad ammetterlo ed a ricordarselo?

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