Virtualità reale
L'idea che la realtà sia un'illusione era diffusa già nell'antichità. Basti pensare al concetto indù di "Maya", ossia il velo di illusioni in cui la dualità tra concetti come bene e male, luce ed ombra, giusto e sbagliato domina la nostra percezione, laddove, invece, si tratterebbe di facce diverse di una stessa medaglia. Anche Platone, nel mito della caverna, sostiene che, all'interno di essa, l'uomo percepisce solo l'ombra della realtà, e soltanto uscendone può apprendere la verità su di essa. Ad oggi anche la fisica quantistica sembra andare in questa direzione: la realtà che percepiamo è solo una facciata, una simulazione, un'illusione appunto, ma molto ben orchestrata. Insomma cos'è reale? Quello che vediamo, sentiamo, tocchiamo è veramente tutto ciò che c'è, o è frutto di un programma sofisticato, di un'esperienza interattiva che sembra solo reale? Alain Aspect, premio nobel per la fisica nel 2022, ha condotto alcuni esperimenti che sembrano rivelare che la realtà non è indipendente dell'osservatore ed esiste solo qualora venga osservata. Come in un gioco "open world" in cui le cose prendono ad esistere solo quando il giocatore le osserva, anche nell'universo, tutto quel che ci circonda viene "renderizzato" solo quando compare nel nostro campo visivo. Diversamente è solo un mucchio di dati inattivi, pronti per essere attivati all'occorrenza. Sarebbe la nostra coscienza, funzionando come un sistema operativo, a interpretare il tutto in modo coerente. Essa, inoltre, non sarebbe generata dal cervello, bensì inviata ad esso (che fungerebbe da antenna) da una fonte esterna. Incredibile no? Eppure sappiamo che esistono già simulatori per la nascita e la formazione di singole galassie che si avvicinano sorprendentemente alla realtà. Ora la domanda è: se fossimo veramente i personaggi di un videogioco, ci accorgeremmo di esserlo?
Noi ci identifichiamo col nostro corpo: il cervello vi si collega attraverso il sistema nervoso, il midollo spinale e i nervi che da esso si dipanano. Grazie a questi percepiamo le informazioni sensoriali sul mondo. Informazioni che viaggiano attraverso legami elettrochimici. Chi ci dice che, se potessimo intercettarli, non potremmo sostituirli con altri, artificiali? In fondo abbiamo occhi come schermi, orecchie come impianti stereo e un sacco di altri sensori e spie che ci avvertono delle condizioni esterne. Più dipaniamo la matassa dell'universo, più ci rendiamo conto che esso obbedisce a leggi matematiche. Se fossimo personaggi di un videogioco e ci mettessimo a studiare le leggi che governano il "nostro mondo", vedremmo che anch'esso sottostà al linguaggio matematico. I suoi atomi sarebbero i bit e il programmatore sarebbe colui che ha stabilito le regole del gioco: Dio in pratica. Le implicazioni filosofiche di tutto ciò sono molteplici. Se viviamo in una simulazione, il nostro libero arbitrio è anch'esso un'illusione? Siamo esseri reali o avatar in un mondo virtuale che obbediscono al volere di un fantomatico giocatore? E se è così, quanto è impedito il mio?
P.s. Comprate il TERZO libro così mi consolo per il secondo.
Spettacolo
RispondiElimina