We are the world
Lo spacciatore di ricordi di Montà ha colpito ancora. Qualche giorno fa, infatti, mi è stato girato un video in cui, io ed altri giovani e giovanissimi, cantiamo in coro "We are the world" alla fine di uno dei tanti recital natalizi organizzati in seno alla parrocchia, nei lontani anni 90. A parte la triste constatazione che la vita di almeno 3 delle persone presenti nello spezzone è stata spezzata in giovane età, c'è da notare che anche quelle ancora in vita ad oggi di certo sono cambiate, quindi, in un certo senso, non esistono più. Con la canzone, che interpretiamo con gran fervore e convinzione, asseriamo di essere i bambini che un giorno porteranno la luce, avendo scelto di costruire un mondo migliore. Come? Donandoci. È evidente che la sola parte vera della canzone è quella che dice che siamo bambini. Perché solo dei bambini potevano essere davvero convinti di quel che cantavano. Il pezzo continua affermando che non possiamo andare avanti a sperare che la spinta al cambiamento giunga da fuori. Non possiamo pretendere che sia sempre qualcun'altro a cominciare, ma dobbiamo essere noi stessi, uniti e fiduciosi, a doverci schierare in prima linea. Solo cosi ci salveremo ed avremo un mondo migliore... Ok... mi sa che qualcosa non è andato per il verso giusto. O forse è solo che il pezzo è stato scritto da cantanti statunitensi. E che volete che ne sapessero loro della spiccata tendenza italiana ad affibiare sempre la colpa agli altri, che non è che il lato B della medaglia che ci vede sempre in attesa di un salvatore che ci guidi fuori dalle tenebre? A nessuno viene mai in mente di poter essere, egli stesso, motore del vero cambiamento: "Chi? Io?". Se impiegassimo tutta l'energia che impegnamo ad indignarci per questo e quello, nella volontà vera di incarnare il cambiamento che vorremmo vedere negli altri, saremmo a cavallo. Invece noi ci si sconvolge 5 minuti di fronte all'ennesima bruttura per poi voltare pagina e tirare avanti come niente fosse. Nell'indifferenza più totale, perché: "Cosa possiamo fare in fondo?" Constatato che siamo impotenti, torniamo a dormir sonni tranquilli. Invece potremmo molto, cambiando innanzitutto noi, le nostre abitudini mentali e gli stili di vita. Ma è così faticoso. E poi le comodità son così comode. Noi con le nostre zone di comfort arredate di tutto un po', con il nostro odio per il vicino e la bandiera della pace fuori dalla finestra, con le dispense piene di plastica e cibi pronti, col prossimo pacco Amazon in consegna domenica, con le scuole che, per far andare avanti tutti, si vedono costrette ad abbassare il livello dell'istruzione causa instupidimento delle nuove generazioni, cogli smartphone che di questo degrado son largamemte corresponsabili, ma cui non rinunceremmo mai. Mai. Mentre intorno a noi va tutto a rotoli. Allora cosa è successo a quei bambini? Cosa ha impedito loro di realizzare quegli alti intenti di gioventù, gettandoli nella più nera indifferenza? Cosa ci ha impedito, fin ora, di capire che non c'è nessuno che si può prendere cura di noi, meglio di noi stessi, ma che questo costa fatica. Perché passa attraverso un cambio di paradigma che ci vuole protagonisti attivi. Invece somigliano sempre più ai passivi personaggi non giocanti dei videogames. Infatti siamo quasi game over. E le monetine sono finite.
P.s. Comprate il TERZO libro così mi consolo per il secondo!
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