Bidello è bello
Il lavoro di bidella non è così diverso da quello di educatrice professionale. E io, che credevo di aver cambiato per sempre settore, mi ritrovo, invece, ad aver a che fare nuovamente con la relazione. Con un' utenza diversa, certo: i bambini in luogo degli anziani, ma pur sempre di utenza si tratta. Essere bidella però ti solleva dalla fatica e dall'usura che comporta lo svolgere mansioni di ambito sociale. Perché si sa: relazionarsi costa fatica sempre, figuriamoci se diventa un lavoro.
Ma nel mio ruolo, in cui il rapporto coi bambini è limitato ai caotici ingressi ed uscite, ai pochi minuti di intervallo, ai frangenti in cui uno di loro sta male ed aspetta l'arrivo del parente di turno in bidelleria o ai fugaci incontri in corridoio davanti alla palestra, ebbene nel mio ruolo non esiste lo stress derivante dal lavoro a stretto contatto con loro per ore ed ore. Mi piace incontrarli quasi esclusivamente nei bagni, alle 11:00, quando arrivano in branco rischiando di travolgenti mentre faccio scudo col mio corpo nel tentativo di arginare la fiumana a rischio della mia stessa vita. Mi piace, intanto perché ai tempi in cui ero io ad essere studentessa, i bagni costituivano il luogo più ameno della scuola, rifugio sicuro dai professori, avamposto di bidelli per lo più sorridenti e ben disposti: una seconda casa in pratica. E poi mi piace in generale perché, ad oggi, anche il bagno di casa mia è la stanza che più preferisco: è lì che disquisisco a lungo della vita e di massimi sistemi con Carlo la lavatrice, mentre fumo sotto l'abbaino. Infine mi piace perché posso scambiare quattro chiacchiere coi bambini, che avendo solo nove anni sono ancora leggeri come palloncini gonfiati ad elio, ed, essendo tanti tutti insieme, riescono a sollevare anche i miei umori più neri. È bello specchiarsi in quegli occhi ancora lucidi di grandi sogni e belle speranze, propensi a facili entusiasmi e repentini cambi di umore, colmi di tenera ingenuità e sincerità assoluta, gravidi di luci ed ombre, a volte, da fugare con parole di conforto ed incoraggiamento. Perché la vita sa essere dura anche con loro, seppur a noi adulti non sembri. Mi incanta ascoltare la vita raccontata dalle loro voci bianche, limpide ed argentine: spesso vi è, in esse, più saggezza di quanto un adulto creda, più maturità di quanto un adulto abbia, e, di certo, più sincerità.
Adoro i loro occhi attenti e le orecchie avide di sapere. I bambini sono spugne: avere a che fare con loro, significa, per me, essere investita da un carico di responsabilità non indifferente: essi ci guardano ed ascoltano. Per questo noi adulti, nel rapportarci a loro, dovremmo essere irreprensibili. Sapere che notano che leggo nei tempi morti, tra una risposta al citofono, una telefonata, una passata di randazza in palestra e quant'altro, mi fa sperare d' essere un esempio positivo: non esistono solo gli smarphone. Chissà se mi illudo vanamente. Ma quando gli insegno canzoncine da camposcuola, li stupisco con piccoli miracoli di carta ripiegata o ritagliata, semino piccole perle di saggezza, ebbene mi par d'essere quasi sulla strada giusta. "Quasi" perché il dubbio di essermi buttata via, nella vita, resta. Se avessi più tempo coi bambini avrei modo di donarmi maggiormente alla causa: osservare piccoli miracoli farsi grandi. Avrei dovuto insegnare? A volte il dubbio mi assale. Ma poi son più che certa che, da insegnante, mi sarei fatta schiacciare, col tempo, dal peso degli anni e dall'usura che ogni lavoro sociale purtroppo comporta (parlo per esperienza). E avrei finito di odiare pure i bambini, oltre al resto del mondo. E non sarebbe giusto affatto: devo dar loro il tempo di crescere prima di detestarli a dovere. In ogni caso bidella sono e bidella resto. A ben vedere, questo lavoro è privilegiato rispetto a quello dell'insegnante, un po' come lo è il ruolo di nonni rispetto a quello di genitori: dei bambini e della relazione con loro, prende solo il buono e il bello. È grazie a questo se riesco a tollerare tutto ciò che di brutto e cattivo c'è nel mondo. Perché un bambino che ti abbraccia e ti dice: "Ti voglio bene", quando anche tu senti di volergliene, non ha prezzo. Ecco perché bidello è bello!
P.s. Comprate il TERZO libro così mi consolo per il secondo!
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