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Visualizzazione dei post da novembre, 2024

M'illudo d'immenso

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Nella vita faccio la delusa. Non solo: faccio anche la mamma, la bidella, la collega, la casalinga, la poetessa, la figlia, la scrittrice, la (pessima) cuoca e, di tanto in tanto, la bambina. Perché faccio ancora i capricci anche io, come tutti voi, del resto. Mi rendo conto che, nel mio essere costantemente delusa, sono del tutto banale e pure un po' patetica: chi, da giovanissimo, non si è sentito speciale e, di conseguenza destinato a grandi cose? Provate a tornare con la mente a quando vi sentivate invincibili, padroni del mondo e misura di ogni cosa, e ricorderete anche la sensazione di cui parlo. Ebbene è capitato anche a me. Senonché, gli anni a venire mi hanno smentita, e non poco. Altro che "speciale"... alla faccia delle "grandi cose"... A meno che, per "speciale" non si intenda l'eufemismo con cui la gente mi si rivolge quando non ha abbastanza faccia tosta o confidenza per chiamarmi con i più realistici "particolare...

Bidello è bello

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Il lavoro di bidella non è così diverso da quello di educatrice professionale. E io, che credevo di aver cambiato per sempre settore, mi ritrovo, invece, ad aver a che fare nuovamente con la relazione. Con un' utenza diversa, certo: i bambini in luogo degli anziani, ma pur sempre di utenza si tratta. Essere bidella però ti solleva dalla fatica e dall'usura che comporta lo svolgere mansioni di ambito sociale. Perché si sa: relazionarsi costa fatica sempre, figuriamoci se diventa un lavoro. Ma nel mio ruolo, in cui il rapporto coi bambini è limitato ai caotici ingressi ed uscite, ai pochi minuti di intervallo, ai frangenti in cui uno di loro sta male ed aspetta l'arrivo del parente di turno in bidelleria o ai fugaci incontri in corridoio davanti alla palestra, ebbene nel mio ruolo non esiste lo stress derivante dal lavoro a stretto contatto con loro per ore ed ore. Mi piace incontrarli quasi esclusivamente nei bagni, alle 11:00, quando arrivano in branco rischiand...

(De)pressione alta

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La depressione depriva di tutto, come la più silenziosa delle ladre. A poco a poco, non vista, fa man bassa di risate e sorrisi, si appropria indebitamente di desideri e volontà, intasca la capacità di stare al mondo, ruba allo sguardo i colori che rendono gradevole il mondo e, al palato, il gusto della vita. In compenso, però, lascia lacrime a fiumi e un solo, inconfessabile, vergognoso pensiero fisso: morire. Ma senza il coraggio di farlo con le proprie mani. Così ci si trascina da un minuto all'altro con il peso di sé stessi e del mondo tutto addosso, lungo giornate vuote di senso, eccezion fatta per il senso di colpa derivante dalla propria condizione. Perché, in fondo: "Che cazzo c'è che non va? Hai tutto!". Ebbene, io non vado. Non vado bene affatto. Perché c'è qualcosa che mi lacera, una bestia feroce tutta zanne ed artigli che mi dilania, mi mastica, mi consuma come fossi io un pasto succulento. Certo che vedo le brutture del mondo! Certo che s...