La nullità del Nulla

Se ti incontrassi oggi non so cosa farei. Sarebbe difficile esprimersi con la bocca piena di parole colorate d'una rabbia che non demorde, mi divora anzi, dacché mi dimora. Ma vorrei comunque provare a spiegarti nei dettagli la malvagità condita di mendacia, viltà e distacco con cui mi hai maneggiata, con cura di farmi il maggior danno possibile. Se ti incontrassi oggi dovrei ostentare un'indifferenza che non so trovare in nessun dove, nell'oceano di rancore in cui ancor navigo. E non hai idea (d'altronde senza cervello come sei) della rabbia che provo nel covare tutta sta rabbia nei tuoi confronti. Manco fossi una gallina. Però la frittata è fatta davvero. "Bisogna andare avanti, superare, andare oltre..." mi si dice. Io, invece, sono sempre qui con i piedi ben piantati nell'odio. Il che non sarebbe un problema se la cosa nuocesse a te. Peccato che tutto questo livore, invece, non fa che male a me. Dunque va analizzato. Ebbene: da dove nasce? Credo derivi dalla necessità di scrivere la parola "FINE" al fondo di questa storia ridicola. La qual cosa è strettamente collegata al bisogno di risposte, atte a spiegarmi cosa sia successo. Intendiamoci: nella mia testa e tutto fin troppo chiaro: non avevamo nulla da dirci e niente da spartire. Tu, il "signor" no, chiuso a tutto e tutti, io, che signora non sono, sempre pronta a dir di sì. La sola cosa che ci ha tenuto insieme, poiché tratto comune, è il bagaglio di insicurezza che entrambi ci trascinavamo dietro, ognuno il suo, e che, se subito ci ha avvicinati, in breve ha consumato il nostro tempo insieme. Un fuoco di paglia insomma. Per quel che ne so di te (ti sei dileguato), in effetti, potresti essere perito nell'incendio, ma ne dubito. I peggiori se la cavano sempre... A me, di sicuro, son rimaste le cicatrici. Comunque, come dire? So esattamente che è molto meglio che la farsa sia finita. Lo so perché mi tenevi nascosta a tutti; perché mi scrivevi dei baci, appassionati e tanti, che mi avresti dato appena mi avessi visto, ma poi dal vivo eri un pezzo (di merda) di ghiaccio; per le vergognose aberrazioni che ho dovuto ascoltare nei racconti delle tue precedenti relazioni; per la fatica di ottenere, ogni volta, un incontro con te e, una volta insieme, la sensazione che ti stessi concedendo controvoglia; per i tuoi piccoli e grandi disturbi fisici, chiaro segnale di forti, enormi disagi psichici e, ultimo ma non per importanza, per quel "Ti amo" scritto su Whatsapp (lo giuro! D'altronde il nostro era un rapporto telefonico). Lì, avrei dovuto scappare a gambe levate, come tutti mi avevano consigliato. Invece no. Io ci ho voluto credere. E per quanto sia persuasa di non poter che assumermi la responsabilità di quel che è successo (in fondo sono io che volevo che fossi il "lui" giusto, quando invece erano chiari i segnali che sei il re dei miei sbagli), tuttavia non posso imputare a me la colpa di come l'hai fatta finire. Approfittare di un mio messaggio incazzato (a ragione: erano settimane che ti chiedevo udienza, inutilmente) per sparire nel nulla per sempre è atto degno del vile e indegno che sei. Ecco: io ho bisogno di vomitarti addosso lo schifo che sento per te. Perché son stufa di pensarci. Nonostante, sono certa, le tue spiegazioni mi farebbero solo incazzare di più: quando mai ha avuto senso discutere con gli idioti? Però almeno, una volta ascoltate le tue ragion-ops i tuoi torti, potrei farmene una ragione. Intanto dovrei farmi furba. Ma finché continuerai a venirmi in mente, il problema non è risolto. Per quel che mi riguarda, da parte mia, tu meriteresti tutto ciò che non ti auguro perché non sono, a differenza tua, una brutta persona. E poi non vale la pena "sporcarsi le mani" con uno come te. Allora auguro a me l'oblio, come quello che al mattino, in pochi minuti, avvolge i sogni e li porta via. Sperando funzioni anche con gli incubi come te. 
P.s. Comprate il libro NUOVO così faccio uscire il terzo!

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