Riflessioni di una massaia che va a fare la spesa

Far la spesa 
mi pesa 
ultimamente. 
'Ché ho paura 
d'incontrare gente. 
Eh, sì, lo so 
che mi fa niente 
(se le sto distante...). 
È che son tante 
le genti fuori 
(in tutti i sensi) 
che è normale scompensi 
e, di molti, pensi: 
"Forza... muori!". 
Cerco scuse 
assurde, astruse, 
perché io, 
mi sia testimone Dio, 
da casa non mi muovo. 
Ma in frigo manco un uovo: 
c'ho più un cazzo, di nuovo. 
Alla spesa direi basta, 
ma devo compare la pasta. 
E l'aglio, i limoni... 
Sbaglio o due coglioni? 
E poi caffè, lievito... 
Ma la gente come l'evito? 
Un monastero 
tra le mie mire, 
col suo silenzio, 
la solitudine... 
Io mi licenzio 
dall'ebetudine 
di 'sta società. 
Che mai sarà? 
Invece resto, 
senza coraggio 
e dentro il cesto 
butto il formaggio, 
tra gli scaffali 
un po' tutti uguali 
e altri clienti abituali 
che paion contenti 
d'esser lì 
a spendere i proventi 
della fatica di tutti i dì. 
Che roba fica! 
Io, di contro, 
che son scema 
(senza false modestie), 
mi sento vittima 
delle molestie 
d'un sistema 
che ci legittima 
in quanto bestie 
da consumo. 
E più ci penso, più fumo. 
E mi sconforta 
l'essere sola, 
tra gente morta, 
cui non importa 
di far qualcosa, 
che non osa. 
Gente paurosa 
nel senso che, 
almeno a me, 
fa spavento: 
sguardo spento 
su cellulare acceso, 
cervello leso, 
attivo a stento. 
Ma sono io la prima inetta: 
Luisa Casetta 
che aspetta, aspetta 
e non fa nulla 
rivoluzionaria fasulla 
che si trastulla, 
si bea all'idea 
di andare in direzione 
ostinata e contraria... 
Ma ciancio d'aria. 
E d'una vita 
che non è vita 
nutro i miei giorni 
di vuota impasse 
impossibile da annientare. 
Per cui penso: 
"Vado a casa 
e accendo il gas!"... 
Eh niente... devo cucinare.
P.s. Comprate il libro NUOVO così la smetto di scassare. E vado a far la spesa! 

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