Umberto l'eco
Non avendo panni da lavare a sufficienza per azionare Carlo la lavatrice e tediarlo, così, con la lunga enumerazione sempre uguale dei miei mali, ma avendo comunque la necessità di paranoiare qualcuno, ho deciso di molestare il frigorifero. Tuttavia è bene prima ricordare che Carlo, nome decisamente maschile, non è da imputarsi ad un effettivo cambio di sesso della mia lavatrice, bensì al fatto che il mio interlocutore è, perlopiù, il maschissimo oblò della suddetta, ossia, appunto, Carlo, che mi ascolta quando parlo. Il frigo, invece, si chiama Umberto, come l'eco che risuona quando è aperto. Rispetto a Carlo, il frigorifero è più giovane e, sospetto, ora che ci penso, possa essere ancora cucciolo dato che piange spesso e volentieri. Il più delle volte inascoltato, ignorato, trascurato. Dunque è bene recuperare il tempo perso a cominciare da un minimo di conoscenza reciproca. Chissà che anche in lui, come in Carlo, possa trovare ispirazione per riflessioni esistenziali, risposte a domande introspettive o intuizioni sulle questioni fisiche che tanto mi appassionano. Decisamente, trovarmi di fronte al suo sportello ancora chiuso, costellata, tra le altre cose, di foto degli ultimi 25 anni, mi costringe a pensare allo scorrere del tempo. Allora prendo a dissertare sull'antica idea di tempo circolare contrapposta alla nostra, lineare; mi dilungo sulla relatività dello spazio tempo di Einstein e, mentre sto per passare alle nuovissime teorie che vedono addirittira coesistere passato, presente e futuro poiché tutto succede in un unico istante, Umberto sbotta che se proprio vogliamo parlare di tempo è bene ricordare che "Chi ha tempo non aspetti tempo" o, più semplicemente "Presto che è tradì" per la spesa. Interessante punto di vista... Ma torniamo a noi, perché io odio far la spesa, per cui tergiverso come e quanto voglio. Dunque: gli stampini anni '90, le lettere magnetiche con cui mi diverto a inventare parole crociate semplici e le foto che non mi somigliano più neanche se piango, denotano un grave attaccamento al passato. Passato in cui, alla spesa, pensava qualcun'altro. Bei tempi. Ma ora è tempo di aprire quel benedetto sportello. Non l'ho ancora spalancato per metà che già avverto una vertigine che mi stordisce. Il concetto di vuoto assoluto potrebbe essere ridefinito, dopo l'attento studio di ciò che si trova all'interno del mio frigo, se non fosse per un paio di patate che si son finte morte così a lungo che, ad oggi, morte lo son davvero, forse. A dimostrare che il vuoto assoluto non esiste, anche se in certi case sarebbe meglio lo facesse. Dopo qualche rassicurazione (stava piangendo di nuovo) sul fatto che, appena avrò messo a punto il teletrasporto o imparato a materializzare gli oggetti, un po' di spesa, promesso, la farò, mi lancio nella lunga lista dei miei mali, che non potrà esser tanto più noiosa di quella della spesa, penso. Ma ho appena cominciato che Umberto mi parte col ronzio. Quanto ci ho messo a smaronarlo e spedirlo da Morfeo? Nonostante il ronzare di Umberto, molto simile a quello di Carlo, sia in effetti ammaliante nel suo essere ripetitivo ed ipnotico, decido comunque di svegliarlo aprendone lo sportello un'altra volta. Ma dal momento che non mantiene vigile l'attenzione, parto decisa coi quesiti con cui, di solito, rovino la centrifuga (momento sommamente divertente, nonché dispendioso di energie) a Carlo. Umberto sta ancora sbadigliando che già lo incalzo, incurante dell'eco che mi riporterà le mie domande e le sue risposte: "Chi sono io... Io... Io... Io...?". Lui: "Stai parlando con un frigo... igo... igo, e solo perché la lavatrice è spenta... enta... enta. Sono indeciso tra pazza, profittatrice o opportunista... Azza... Ice... Ista...".
Io: " Da dove vengo... engo... engo...?". Lui glaciale: "Di certo non dal supermercato...cato...cato!". Io: "Dove sto andando...ando...ando?". Lui scocciato e frigido: "Non importa dove: basta che ti levi dalle palle...alle....alle. Comunque non sarebbe male andassi a far la spesa adesso... esso... esso. Ma non ci spero più... ù... ù!". Io: "Pensi che le due patate vadano buttate... ate... ate?". Lui inconsolabile, esasperato e gelido: "No: alleggeriscono sensibilememte il mio vuoto... oto... oto...". Io: "Qual è il senso della vita... ita... ita?". Lui con sagace freddura: "Che la vita sia ben spesa... SPESA... ESA... ESA...!". Va be va, vado. Ma la prossima volta mi rivolgo alla friggitrice ad aria.
P. s. Comprate il libro NUOVO così la smetto di scassare!
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