Ma che alzare il gomito?


Quando sopraggiunge un dolore in qualche parte del corpo, le persone normali sospendono le attività che potrebbero aggravare la situazione fino a completa guarigione, dimostrando di sapersi prendere cura di sé. Io no: fingo che vada tutto bene, fino allo schianto finale ed annesso stop forzato. Come adesso col gomito. E avendo molto più tempo del solito da scialacquare in inutili, dannose e folli elucubrazioni, sono giunta a conclusioni tanto illuminanti quanto destinate al dimenticatoio, non appena la situazione critica rientra. Del tipo: "Chi avrebbe mai detto che un gomito sinistro fosse implicato a tal punto e in cotante azioni apparentemente semplici, quotidiane ed innocue tipo muovere le dita della mano o starnutire?". Non c'è niente di meglio di un infortunio per toccare con mano (ovviamente quella sana) che ogni cosa è collegata. Talmente collegata che, dal male di partenza, in breve tempo si autogenera tutta una serie di dolori collaterali in punti del corpo che, in quanto ancor sani, devono sobbarcarsi la mole di lavoro in eccesso per sopperire al deficit della parte malata. L'aspetto più significativo di tutta la faccenda però, è la capacità di adattamento dell'essere umano. Sarà che sono più che fisicamente delicata, che non mi prendo cura delle mie debolezze, che sopporto mali che fingo di non sentire e, di conseguenza, mi infortuno spesso, ma vi assicuro che è un attimo abituarsi a fare a meno  di un piede o di un braccio. Negli anni, mi son ritrovata a zampettare stampellata per le vie e le scale del mondo con la stessa disinvoltura (anche nel cadere) che mi contraddistingue quando sono nel pieno possesso delle mie facoltà; a sostituire la mani destra con la sinistra per così tanto tempo da ritrovarmi, ad oggi, praticamente ambidestra se non addirittura, in qualche caso, più mancina che destrorsa. Non esagero nell'affermare che, ritornare alla normalità dopo un trauma che ha modificato la mia mobilità, costituisce a sua volta un trauma. Proprio perché ci si adatta a tutto, anche a fare a meno di parti di sé. Ed è esattamente la capacità di adattamento tipica dell'essere umano a costituire il più grave dei problemi cui la Terra deve far fronte. Perché fa sì che l'Uomo sia ovunque, invece di accontentarsi di 1/2 habitat naturali come ogni altro essere vivente. Egli habitat dappertutto. Per forza il Pianeta ne ha le palle piene di lui. Insomma: non è possibile che, dove vado vado, ci sia gente. Uscendo il meno possibile, sarebbe troppo chiedere di non incontrare anima viva per la via? Non è fattibile organizzare turni in base a, che ne so, caratteristiche personali, inclinazioni e affinità? Tipo: oggi via libera agli asociali. Così sì, che uscendo tra consimili, non dovremmo temere incontri sgraditi e discorsi tediosi, potendo, invece, fingere di non vederci, senza la paranoia di offendere qualcuno. Invece no. Invece dobbiamo brulicare ovunque e sfruttare ogni cm di spazio calpestabile (merde di cane permettendo) a tutte le ore. Uscire e sparpagliarsi strategicamente anche quando ci sono costretta io sembra lo sport nazionale. Dico io: non ce l'avete una casa? Ma se abbiamo costruito dappertutto con la garanzia di condoni prossimi e venturi... E godetevi i vostri abusi edilizi, dai! 
Mi viene quasi il dubbio che l'autodistruttività che mi spinge a procrastinare la cura di me fino a quando, ormai, è troppo tardi, sia dovuta al tentativo di costruirmi validi alibi per non uscire perché menomata (stile "non tutti i mali vengono per nuocere" o "non esco manco monca") . È mai vita questa? E la cosa peggiore è che la mia adattabilità ai disagi fisici è direttamente proporzionale alla mia inadattabilità ai disagi d'un società di diasagiati. Detta in parole semplici: non sopporterò mai la gente e mai ad essa mi adatterò. Il che, appunto, mi relega per lo più in casa. Da buona disadattata quale sono. Cosa che, probabilmente, mi rende un po' meno virus (cui mi sento di paragonarci) della maggior parte delle persone. Magari, quando la Terra deciderà di debellare la malattia che costituiamo in quanto Uomini, avrà pietà di una povera, piccola, impazzita cellula dolorante come me. E mentre io, alla mia, provvedo da sola e a casa... buona estinzione a tutti.
P.s. Comprate il libro NUOVO così la smetto di scassare! 

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