24 e 25 Febbraio

Ciao. È da un po' che non ci sentiamo. Sono cambiate un sacco di cose da quando te ne sei andato. È cambiato il mondo. O forse è rimasto sempre uguale e, ad esser mutata è "soltanto" la mia percezione della realtà. Potrebbe trattarsi di storie vecchie che, di volta in volta, cambiano d'abito per andare in scena. Ma i veli sontuosi dietro cui si celano perdono via via di consitenza, evidenziando, in trasparenza, la sostanza. E la sostanza, al di là di ogni apparenza, è sempre la stessa.
Anche tu, quando eri piccolo, osservavi le formiche? Sicuramente: in quanto piu vecchio, hai vissuto quell'epoca in cui la vita dei bambini non era piena di impegni, velocità e giocattoli, ma abbondava di tempo autogestito, lentezza e giochi. Quindi, avendo osservato anche tu quelle piccole creature nel loro incessante andirivieni fatto di improvvisi arresti, ripensamenti, drastiche inversioni di rotta, e nel marasma di azioni caotiche ed apparentemente prive di senso, anche tu, come me, avrai pensato: " Per forza anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano... Guarda che casino! Come ci si raccapezzano?". Eppure, come me, anche tu, avrai avuto la netta sensazione che ciascuna di esse avesse ben chiaro l'obiettivo, il metodo e le strategie atte a raggiungerlo. Al di là di ogni umana comprensione, che solo può constatare quanto, in effetti, ben organizzate, efficaci ed efficienti esse siano. E se anche noi, osservati dall'alto, da qualcuno di più grande, risultassimo così incoerenti, confusi, allo sbando? Anche noi sembreremmo vagare persi, indecisi e inconcludenti? E il gigante che si gode lo spettacolo, avrà anche lui l'impressione che, nonostante le apparenze, noi si sappia esattamente quel che si fa? Perché io, invece, da qualche tempo, non lo so più. Anzi: l'ho mai saputo, ma non ci pensavo. E nel deserto di questo mio non pensare, fino a qualche anno fa, riuscivo, seppur stremata, ad individuare oasi di tregua in cui distendermi, bere (...) e riprendere fiato. Luoghi in cui, libera da sensi di colpa, autorizzarmi a distrazioni a volte meno, a volte più edificanti (ma pur sempre distrazioni), abbandonarmi al dolce far nulla come premio più che meritato per il semplice fatto di essere qui e resistere, come tutti gli altri, quotidiani eroi dalla vita comune. Adesso, invece, non ne sono più capace, preda d'un urgenza costante che vanifica ogni tentativo di ricerca d'una pace qualunque. Una sensazione continua che, potesse parlare, insinuerebbe insistentemente: "Devi fare qualcosa!". Caricando quel "qualcosa" di tutta l'importanza del mondo, ma spiegando mai "cosa cazzo esattamente". Credo che questa sia la stessa voce che costringe la maggior parte delle persone, per la maggior parte del tempo, a riempirsi la vita di cose da fare per non pensare. Ma quando il gioco si rompe, cosa succede? Quando tutte le strategie che hai sempre messo in atto si rivelano ad un tratto fallimentari, cosa resta? Resto io che fisso il muro del bagno fumando, incapace di qualsiasi azione e decisione. Resta Lois che ancora desidera e spera. Con Luisa che non riesce più a raccontarsi le favole.
La favola delle favole è credere di non essere soli. L'errore è pensare che la solitudine sia un male. Se è vero, come credo, che siamo pazz-ops, pezzi unici, allora la solitudine è una proprietà emergente dell'unicità, caratteristica intrinseca all'essere umano. Per quanto ci si illuda di non esserlo, in quanto unici, intimamente siamo soli. Così affrontiamo nascita e morte: circondati da spettatori più o meno partecipi. Ma, dal nostro punto di vista unico, soli come quelle che formiche che vanno, a volte si incrociano, non si capisce se cooperano o competono, si passano sopra, solo si sfiorano o s'ignorano, e poi via di nuovo. Ovviamente per capirlo è necessario trascorrere parte della vita tra illusioni quali : "L'uomo non è un'isola" o "Siamo angeli con un'ala sola... ". Poi si passa per l'ostinazione di dover stare con qualcuno pur non avendo voglia di stare con nessuno, avendo già ampiamente sperimentato la sensazione di essere soli anche in mezzo alla gente. Infine si approda alla solitudine effettiva del tuo bagno, luogo perfetto per autoconvincerti che meglio male soli che male soli in mezzo al mondo. Ho quasi 45 anni e la certezza di essere alle porte d'un cambiamento che sa di forzato, che mi spaventa e procrastino, ma che è stato probabilmente innescato da me. E sono qui con la testa zeppa di pensieri che vorticano mescolati come i panni nell'oblò della lavatrice che ronza. Il fumo della sigaretta s'allunga e s'avvoltola verso l'alto, ma non porta via quell'impellenza di fare.
Sul calendario, il giorno della tua nascita confina con quello della tua morte. Fa sempre strano a pensarci. Come fossi vissuto un giorno, non 68 anni. Macabra metafora del soffio che la vita altro non è. E sfugge, come a me sfugge il senso di tutto. Fossi qui, potrei chiederlo a te: "Ma tu, alla fine, l'hai capito cosa si deve fare? L'avvertivi anche tu qiell'impressione netta di dover far qualcosa d'importante, ma cosa cazzo? E pure tu, nel dubbio che qualunque cosa ti venisse in mente di fare fosse un'inutile stronzata, alla fine concludevi una beata minchia, come me? Forse no. Mi sa che il problema è solo mio. Come ho detto siamo soli. È probabile che non capiresti. O forse si, ma spiegheresti le cose in modo diverso da come ho fatto io e non ci capiremmo comunque pur dicendo le stesse cose. Ma sono sicura che proveresti a rispondere. Senza dispensare chissà che pillole di saggezza, conoscendo la mia avversione per i farmaci. Ti limiteresti al tuo solito: "Sta tranquila: rangiuma tut!" che somiglia molto a quelle frasi di circostanza che si dicono quando non viene in mente niente di meglio. E probabilmente lo sarebbe davvero. Ma in bocca a te papà... In bocca a te sembrerebbe rassicurante come le cose vere.
P.s.Ti sei ricordato che ieri era il tuo compleanno? 

Commenti

Post popolari in questo blog

Non oggi

L'uomo senza scarpe

Al di là delle ombre