Prede

Qualche giorno fa mi trovavo al Lago della Spina, quando, all'improvviso un forte botto è esploso nell'aria spaventando i pennuti che si facevano i cazzi loro sul pelo dell'acqua [(dimostrando che non sono l'unica a sorvolare (no... non sul lago) sull'epilazione]. In prima battuta ero certa si trattasse di un pazzo col fucile, perché per quanto non sia favorevolissima alla caccia, soprattutto se effettuata in luogo pubblico, ritengo ben più stupida la pratica del lancio del petardo, vero responsabile del botto. Per questo avevo dato per scontato si trattasse di spari. Essendo io una fucina di idee (malsane), assistere a questo episodio mi ha ispirato almeno 2 diversi argomenti con cui tediarvi in questa sede: 1) la percezione che, per quanto erronea, crea la realtà; 2) la filosofia di vita degli animali. E nell'era in cui un qualunque gattino fa più audience sui social di qualsiasi altra cosa (vedi le mie geniali dissertazioni), va da sé che focalizzerò le mie folli elucubrazioni sul punto n. 2. Avevo già notato, in passato, che Enrico, il coniglio nano di mia zia, ormai passato a miglior vita, ogniqualvolta veniva liberato nel prato alla mercé della cagnolina Mulan sua "coinquilina", irresistibilemente attratta dal suo codino-pon-pon, si sottraeva dalla presa con una fuga di qualche balzo, per poi fermarsi nonappena la caccia veniva interrotta dall'umano di turno che redarguiva il cane. Insomma: non cercava un nascondiglio sicuro e definitivo in previsione di altri, eventuali e più letali attacchi. E la scena andava ogni volta ripetendosi, sempre uguale. Idem nel caso delle anatre nel lago: botto-spavento-fuga alata-silenzio-atterraggio-botto-spavento-fuga alata-silenzio-riatterraggio... Lo stesso identico discorso valeva per i topolini braccati dalla mia adorata gatta-matta Malù dei tempi d'oro: si ritenevano al sicuro appena questa si immobilizzava, a pochi centimetri da lei, quasi in attesa del prossimo attacco invece di nascondersi per bene e in via definitiva. Il che la dice lunga sulla diversa attitudine alla vita di quelli che noi riteniamo essere esseri inferiori, dunque giustamente asservibili al nostro volere/potere. Attitudine che riassumerei con: zero stress. Escludiamo che, tornando a loro, le anatre non fossero più intelligenti di me e non avessero compreso subito che trattavasi non di spari ma di botti (perché immagino che, in quel caso, non si sarebbero disturbate a levarsi in volo), questo episodio potrebbe significare che, semplicemente, gli animali sono esenti da paranoie e si preoccupano solo di ciò che è contingente e reale, non di ciò che potrebbe esserlo. Perché potrebbe anche non esserlo. E in ogni caso si tratterebbe del futuro. Noi umani, razza superiore, viviamo di paranoie che perdurano nel tempo, legate a pericoli che esistono, spesso, soltanto nella nostra testa o potrebbero verificarsi in futuro , così come no. Inoltre, non potendo fisicamente scappare da esse, in quanto non costituiscono pericoli reali, per sfogare lo stress in eccesso derivante da tali paranoie per lo più infondate, immaginarie e non contingenti al presente, ci ritroviamo a correre senza nessuno che ci bracca ma come non ci fosse un domani, tappati decathlon da testa a piedi o ad affollare palestre che strapaghiamo. Ovviamente io non sono esente da tutto ciò. Ad esempio, una delle mie paure più grandi, è quella di uscir di casa ed incontrare gente. È chiaro che è una paranoia infondata: il mio è un paese fantasma. Eppure è così. Ma non mi vedrete mai correre, questo è sicuro. Perché ho deciso di recuperare la mia animalità. Per cui sparatemi, lanciate petardi, tendete tutti gli agguati che volete, sfoderate zanne ed artigli per sferrare letali attacchi... Io mi limiterò a spostarmi un po' più in là... e, soprattutto, a fingermi morta.
P.s. Comprate il libro NUOVO così la smetto di scassare! 

Commenti

Post popolari in questo blog

Non oggi

L'uomo senza scarpe

Al di là delle ombre