Pezzi mancanti

Qualche giorno fa mi è stato inviato il breve spezzone di un video datato 1984, girato durante la cena di leva dei coscritti del '54. A parte il mistero della nostra presenza all'evento, dal momento che nessuno della mia famiglia è nato in quell'anno, risulta evidente che: 1) le persone, non avvezze alle riprese video, assumono espressioni imbarazzanti, impalate e disagiate (disagio che alcuni si portano dietro da allora, purtroppo); 2) l'Osteria della Pace, (del cui nome ci riempiamo la bocca, salvo poi essere in guerra col vicinato tutto, la maggior parte dei colleghi, dei famigliari e degli automobilisti/pedoni/ciclisti sul tragitto casa/lavoro) non esiste più, al pari dell'epoca che la vide in attività; 3) non esistono più nemmeno alcune delle persone della mia famiglia che compaiono nello spezzone suddetto, compresa la bambina di 4/5 anni che si stupisce del marchingegno con un occhio solo che la fissa, sorride, ma subito va a nascondersi vicino al padre. Il quale, imbarazzato a sua volta, si cela dietro la testa fresca di parrucchiere della cognata. Anche loro sorridono. Anche loro non ci sono più. Pensare che basterebbe una macchina del tempo o una qualche diavoleria simile. Per tornare indietro quando la mancanza è troppa. Che si sa che non tutti i giorni sono uguali. Giuro che la userei solo se indispensabile. Da quando lavoro nella scuola che fu il mio vecchio asilo, per esempio, mi piacerebbe trovarmi all'età che avevo nel video, più precisamente coricata nella mia brandina rossa con la stampa dei cani, nell'aula adibita a dormitorio, distribuendo ai compagni i fili di lana che sfilavo dalla mia coperta, dopo aver chiesto loro se lo preferissero blu o giallo. Magari riuscirei a capire per qualecazzodimotivo ci piacesse ciucciarli e perché nemmeno il terrore reverenziale per la maestra C., mi abbia spronato a superare questa fase orale (vedi Freud) che tuttora mi costringe a portare tutto alla bocca (sigarette, caffè, bottiglie di birra/bicchieri di vodkatonic, unghie, persino cibo di tanto in tanto). Poi farei un salto avanti di una decina d'anni per ritrovarmi nel cambio d'ora tra una lezione e l'altra, nei bagni del liceo, tra schiamazzi, risate e drammi adolescenziali raccontati tra il fumo di sigarette proibite in mano ed occhi alla porta per paura dell'ingresso a sorpresa della temibilissima preside. Prima della fine dell'intervallo passerei giusto in classe per recuperare l'Invicta, uno sguardo veloce fuori dalla finestra per sbirciare il paesaggio che per anni fu famigliare, il volto giovane di ciascuno dei miei compagni, e poi via: direttamente sul pullman (abilmente condotto da un SuperErcole che, pure lui, non c'è più) alla volta dell'odiatissimo centro sportivo Sisport di Carmagnola che tanti bambini terrorizzò tra gli anni '80 e '90. Anzi: sceglierei il viaggio di ritorno, onde evitare l'ora di schiavis... di nuoto. Mi son sempre chiesta se li hanno poi arrestati tutti per abusi&soprusi, ma non credo: ai tempi era normale che gli adulti preposti all'insegnamento della qualunque maltrattassero gli infanti. È adesso che è il contrario. L'impianto però, guarda un po': non c'è più. Con le pance piene dei panini di prosciutto abilmente avvolti in km di stagnola da mani materne, casalinghe e amorevoli, assordavamo il caro buon Erchi con urla forsennate che rimablazavano da cima a fondo e per tutto il tragitto. Tipo così: "Abbasso Milaaan, abbasso Milaaan, abbasso Milan, abbasso Milannnnn" il cui controcanto era ovviamente: "Abbasso Juveee, abbasso Juveee, abbasso Juve, abbasso Juveee". Oppure così: "Abbasso '80aaah, abbasso' 80aaah, abbasso '80, abbasso '80aaah", contro cui si sollevava il coro antagonista che voleva abbassare la mia leva. Illusi... A fine corsa, per evitare eventuali compiti da terminare a casa, salterei sulla mia preferita tra le altalene del fu "Laghi Baite" di Cumiana. Perché se è vero che ancor salgo su ogni altalena mi si pari dinnazi, è vero anche che la vertigine non è più la stessa: non mi par più di volare se non c'è nessuno a spingere. E poi manco i "Laghi Baite" son più gli stessi: ha persino cambiato nome. Con un balzo dall'altalena mi ritroverei, poi, ai piedi del fico nel prato di fronte alla casa in cui crebbe mia madre: l'unico su cui sia stata capace di arrampicarmi. Il solo che mi faceva sentire una vera supereroina. Chissà se quello c'è ancora... Poi vorrei tornare di nuovo agli albori. Vorrei rivivere il momento in cui, entrando nel bar Mazzini a Carmagnola, zia Elvira mi chiede se voglio il Pandorino, brioche confezionata della San Carlo. Che a quanto pare non esiste più. Come quel bar. Come mia zia che battibeccava di continuo con zio Mario. Che, ovviamente, non c'è più. E magari potessi fermarmi qui. No, non nel bar: nella conta degli assenti. E allora, per consolarmi di tante e tali mancanze vorrei restare ancora un po' della taglia giusta per essere presa in braccio. Voglio godermi il momento in cui posso osservare le "cose che stanno in alto" da una prospettiva del tutto diversa. Voglio gustarmi la sensazione di assenza di peso tipica di quando si viene agevolmente sollevati. Voglio crogiolarmi nel calore del contatto ravvicinato di una persona che ti vuole bene, nella sicurezza di braccia paterne che non ti lascerebbero mai. O, almeno, quella era l'idea, all'epoca. Perché invece, se oggi facessero un video, sarebbe pieno di assenze incolmabili, di essenze che hanno lasciato i loro corpi e i loro cari, di vite che hanno varcato quel confine invalicabile per chi ancor deve restare. Perché puoi credere in ciò che vuoi: alla dissoluzione nel nulla di ciò che chiamiamo vita al sopraggiungere della morte; alla vita eterna in un Aldilà che separa i buoni dai cattivi; alla trasmigrazione delle anime che disperatamente cercano di elevarsi di vita in vita, in un eterno ciclo di morte e rinascita; alla convinzione scientifica che "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma", tale per cui, a poco a poco ci si fonde con gli elementi della Natura diventando, in qualche modo, onnipresenti... Pensala come vuoi: il risultato non cambia. E sarà pur vera la frase d'effetto: "Non so dove va chi non c'è più. Ma so dove resta". Ma a me non basta. Tra le tante cose, crescere implica perdere molte delle persone che ci son sempre state. Lo sa anche un bambino. Ma per afferrare davvero il concetto, per metabolizzare ed accettare intimamente la morte, non bastano 1000 vite. Dunque chissenefrega se siete effettivamente dissolti nel nulla, per sempre beati (o dannati) in qualche dove, o in attesa di ritorno. Che importa se siete onnipresenti (e persino in un video di 40 anni fa), se poi non siete qui?
P.s. Ciao Dante, saluta tutti. 
P.s.2 Comprate il libro NUOVO così la smetto di scassare! 

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