Viva la Vida, muera la muerte

A volte la vita è terribile. Ad esempio quando va avanti come nulla fosse cambiato, pur essendo cambiato tutto. Quando il sole sorge imponendosi sul brillio delle stelle, i fiori splendono danzando al vento, gli abitanti della Terra cinguettano, friniscono, miagolano, ronzano, pungono, piangono, ridono, fanno la spesa, parlano del più e del meno. Sì, lo so che la Vita vive della morte dei suoi figli. Deve: si alimenta di innumerevoli, incessanti fini, per celebrare se stessa con nuovi, straordinari inizi. So anche che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. E, per mia convinzione personale, sono sicura che, in fondo, sei solo tornata a casa. Quell'altra Casa, quella vera, cui tutti prima o poi facciamo ritorno per riunirci e riposarci dalle fatiche e sofferenze terrene. Addirittura, sento che siamo andati e venuti da questa a quella dimora chissà quante volte. E chissà quante altre dovremo, prima di aver appreso tutto ciò che dobbiamo. Eppure, oggi, questo pensiero non consola. No, in questo momento, nulla può. E, allora, non resta che stare un questa tristezza sconsolata, osservandola da tutti i lati, girandola e rigirandola, pur sapendo che non ne troverò il senso. Negli ultimi anni cerco di sforzarmi di pensare che dualità e separazione sono concetti illusori, intrinsecamente connessi alla natura dell'esperienza che chiamiamo vita. In fondo è "solo" quello che cercano di dirci da millenni testi antichi e grandi maestri, nonché le frontiere della nuova scienza. Ma dato che si tratta di illusioni radicate e persistenti dovute alla percezione della realtà che ci circonda, diventa difficile, impossibile, adesso, realizzare nella carne e non soltanto nel pensiero, che non esiste giusto, né sbagliato, buono o cattivo, bene o male, vita o morte. Che non c'è separazione alcuna, e nello spazio, e nel tempo, tra le innumerevoli, variegate manifestazioni di cui l'Universo è teatro. Perché alla fine tu non ci sei più proprio nella carne. Non ti si può vedere, né toccare, né sentire il suono della tua voce. Il tuo soffio vitale più non abita il corpo. Lasciando noi, qui, più pesanti che mai, è volato via leggero. Già... ma dove? E perché è così arduo percepirlo nelle cose belle del mondo? Perché, anzi, esse infastidiscono nella totale indifferenza d'esser loro, appunto, belle anche oggi? Perché non si ferma tutto quando si ferma una vita? Dicono di custodire chi non c'è più, nella memoria, nel cuore. Questo "rimanere" consolerà, un giorno. Ma non oggi. Oggi nulla consola. Adesso, solo, domina la certezza di non averti nemmeno salutata. Di non aver detto, fatto qualcosa per farti stare meglio l'ultima volta che ti ho incontrata. Di non esserci stata in questi anni che hanno visto acuirsi le tue sofferenze. Me ne vergogno e ti chiedo scusa: aspettavo me lo chiedessi. Invece avrei dovuto farlo e basta. E non so che fare, adesso. Allora ti immagino a Casa, circondata dai tuoi genitori, i nonni, Corrado e tutti i Ruchin che prima di te abbiamo perso. Sono sicura che state fumando e ridendo. Forse anche un po' di noi, che piangiamo perché lontani anni luce da ciò che voi state sperimentando, probabilmente per l'ennesima volta: che la morte non esiste.
P.s. Buona continuazione Patry, ovunque sia ❤️. 

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