La gita


Viola è in gita. Cazzo, sembra ieri che ci andavo io. Come dimenticare la volta in cui, a Roma, la mia compagna E.C. ed io ci perdemmo in San Pietro. Come non rivivere quegli attimi di panico da teenager imbranato anni '90 mai uscito dal Roero, che si perde a Canale e si trova smarrito nella capitale senza smartphone e GPS. Un panico ottenebrante che ci impedì di realizzare che avevamo la possibilità di approfittare d' un' inaspettata libertà per farci i cazzi nostri, e di far passare, inoltre, un brutto quarto d'ora ai prof. responsabili di noi minorenni, vendicandoci di tutte le angherie subite in classe. 
Come non ricordare la gita ad Atene, il primo volo. La mattina in cui partii da Montà pensai bene di litigare duro con mia madre durante il tragitto verso Alba, forte della certezza che per 5/6 giorni non l'avrei rivista. Intanto la cometa Hale Bopp solcava il cielo di quell'alba del 1998. Salii sul pullman che mi avrebbe portato a Milano senza pensier: Atene, arriviamo! 
Ah, arrivare siamo arrivati. Peccato si stesse scatenando un diluvio universale e non ci facevano atterrare da nessuna parte. E tra chi , come me, volava per la prima volta nella vita ed era certo saremmo morti tutti, i secchioni che accusavano le seghe in greco per aver scatenato l'ira di Zeus con il loro blasfemo transitare sui suoi cieli, e chi aveva già fatto 2+2 (liceo classico ok, ma fin lì...), vi lascio immaginare il clima dentro (e fuori) di quell'aereo. 
Si, perché dopo un breve atterraggio d'emergenza a Bari per fare benza ad aereo carico (di noi), abbiamo fatto ritorno a Milano Malpensa. Pensa te che sfiga oh! E così Montà-Alba-Milano-Atene-Atene-sempreAtene-giropericieligreci-Bari-Milano-Alba-Montà e tutto nel giro di poche, orribili ore. E il giorno dopo scuola × tutti + situa di merda × me a casa = ah, che bei tempi! Grazie Hale Bopp delle palle, presagio d'un disagio che ancor non avea nome ma già si palesava, infido. Maledetto! 
Niente. Forse aveva ragione il caro prof. Zubbini. A quell'età conta solo stare insieme, lontani da casa e dalle incombenze scolastiche. Tanto sarebbe valso lasciarci su un pullman parcheggiato in qualche piazza, con qualcuno, all'esterno, che lo scuotesse di tanto in tanto per darci l'illusione del movimento. Perché in quegli anni che ti frega della meta. A quell'età, la gita, ce l'hai dentro. 

P.s. Comprate il libro così la smetto di scassare! 



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