Esami


Ho sempre odiato gli esami. E in questi giorni di ripetizioni a mia cugina, che deve sostenere a breve quello di latino, ho rimembrato perché. Etimologicamente il termine significa "ago della bilancia" e deriva dal verbo exigere che si traduce con "pesare". Appunto: conoscete una donna cui piacciano bilance&pesi? A parte gli scherzi, ho davvero un problema con le famigerate prove finali. Prendiamo, per esempio, l'esame di 5° elementare, interrogazione di matematica: "di quanti lati è composta la figura geometrica con meno angoli?" "Ehmmmquattro?" "Sei sicura? Pensaci bene..." "Due-ehm?" "Dai che ci sei quasi..." e invece panico, lacrime, scena muta. Però Renato Zero si ispirò a me quando scrisse il testo de "Il triangolo no". E son comunque soddisfazioni. All'esame di 3° media, invece, pensai di esordire direttamente piangendo per evitare che le mie parole potessero essere usate contro di me, e contemporaneamente muovere a pietà i professori. Credo che, per il disagio, avrebbero preferito portarmi a casa, mettermi a letto, rimboccarmi le coperte e cantarmi la ninnananna (mi piace immaginarli in cerchio con la Giletta solista nei pezzi caldi e la Bettina al flauto dolce soprano). Invece han dovuto aspettare che, tra un singhiozzo e una smoccolata, riuscissi a dire qualcosa. Qualunque cosa. Ma il massimo l'ho dato all'esame di maturità, interrogazione di filosofia: "mi parli di Feuerbach. " "L'uomo è ciò che mangia..." "Non è vero!" "Ma il professor Zubbini... veramente... Io mi ricordo che... Sono sicura del fatto..." e altre frasi sconnesse, come i gradini della china che ho sceso fino al fondo. Io non so se questa, palesemente obesa, fosse suscettibile ai discorsi di cibo, ma vi giuro che se googlate Feuerbach, la prima frase tra i suggerimenti è proprio quella da me sbandierata come un trofeo, tronfia del mio sapere. Un'altra cosa che so è il cognome della tale che si fregiava del titolo di professoressa, di cui, invece, andrebbe sfregiata. Inoltre so che la vita è lunga e tutto torna (come la maturità nei miei migliori incubi, in cui mi ritrovo a dirle addirittura "cogito ergo sumo", tipo lapsus. Freudiano, per restare in tema). Oggi, che da maturità mi dirigo di gran carriera (non scolastica) verso la marciscenza, riesco quasi ad intravedere il motivo di tutto ciò. In fondo se, come detto innanzi, il termine ha a che fare con bilance e pesi, va da sé che la situazione "esame" le andasse stretta, grassa com'era (andava stretta a me che ero anoressica). Non so. Forse avrebbe dovuto sostenere lei un esame: quello di coscienza. Perché non era colpa mia se, a differenza sua, divoravo libri senza ingrassare, io. Mi consolo pensando che, se gli esami non finiscono mai, gli esaminatori, invece, si.

P.s. Comprate il libro così la smetto di scassare! 

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