Alla ricerca del baricentro perduto
Ho bisogno succeda
qualcosa di bello,
mi sento una preda,
bestia da macello
triturata dal karma
cui non vado giù,
mi punta l’arma
d’un eterno déja vu.
Ho bisogno ed aspetto,
chessò, un segnale:
non è scritto, non è detto
debba andar sempre male.
Ma che, crederai mica
d’appuntarti all’addome
una tara antica
col tuo nome e cognome?
Mi scorre il lamento
dentro e trapela
dai pori irruento,
appiccicosa ragnatela.
Martire di me stessa
vivo alla mercé,
tutto mi stressa,
pure farmi un caffè.
Vegeto aspettando
che mi sbrani il buon sonno,
al mattino mi sbrando
e subito smadonno.
Son malata, e grave,
credo cerebropesa,
leggerezza sottochiave,
gravemente vilipesa.
Che poi la stessa vita
che maledico ora
come fosse una ferita,
domani è un’aurora
e tutto va bene…
ma niente, è fugace
ce l’ho nelle vene
’sto male vorace:
spaiata passeggera
d’altalena-dondolo,
da mattina a sera
tra su e giù ciondolo;
sola, ad imprimere
la spinta verso l’alto,
da illusioni effimere
ricado sull’asfalto.
Sono una bilancia
con un piatto che piange,
Cupido, una lancia:
la freccia non mi tange.
Così, col contrappeso,
magari sarò in bolla:
sorrisone disteso
e stop tira e molla.
Ho bisogno che arrivi
qualcosa di buono,
tra i primi obiettivi:
trovare uno bono.
Ma poi ci ripenso:
sto bene da sola,
per quanto sia intenso,
l’amore, è una fola.
Dunque il problema
è non saper cosa voglio,
della vita mia il tema,
è un candido foglio.
E come un poeta
senza più ispirazione,
divento analfabeta
della mia condizione.
Cerco l’equilibrio,
invece mi smarrisco
e trovo il ludibrio
scivolando sul pietrisco.
Strane indicazioni
che non so decifrare,
mi girano i coglioni
“non cercare, vai al mare!”
ma l’agognato segnale,
infine, si palesa,
ero persa, meno male,
e mi ero quasi arresa.
Ora mi concentro
son sui giusti binari,
“sto arrivando baricentro”...
ma finisco in centro a Bari.
P.s. Comprate il libro così la smetto di scassare!
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