Chef-fatica

Cucinare, per me, è una guerra. M'afferra ognor lo sgomento nell'atto di dispormi, armi alla mano, in quel campo di battaglia conosciuto comunemente col nome di cucina. Pasto dopo pasto, so ch'è necessario affronti svariati nemici, e su più fronti.

Il primo attacco  alla mia persona viene sferrrato dalla padella, dardeggiante d'olio  ardente, che mi lacera fino alle budella. Poi è la volta del forno che spalanca le sue fauci roventi: sembra l'entrata dell'Ade, ma dov'è Caronte? che io c'ho paura a levar le carote... questo digrigna i denti, fa resistenza... e immancabilmente mi marchia fuoco senza clemenza. 

Sobbalzo all'indietro già dolorante, barcollo qualche passo per lo stordimento, quando la gamba del tavolo, strategicamente posizionata sempre allo stesso posto, carica il mio dito mignolo esclusivamente calzato di vera pelle (la mia), facendomi perdere l'equilibrio. Ma tranquilli: riesco a non cadere e a salvare pure (quasi tutte) le carote.

Tuttavia non posso evitare di urtare con violenta manata il bordo della ciotaola carica che, fattasi catapulta, mi bombarda dall'alto di uova già sbattute e di schegge di vetro dal basso. Che sbatta... ma perché?

Mi rendo conto che sono circondata e disarmata. A me un coltello, finalmente.

Ma non l'ho ancora preso in mano che già ho un ginocchio che sanguina. Sì, perché cadendomi di mano, me ne ha ghigliottinato una fetta.

Insomma m'arrendo: pur tagliandomi, non sono tagliata per la cucina.

Ridete, ridete, oh voi che dite che l'amate, che tanto lo so che con me vi divertite a gettar sale sulle ferite.

p.s. comprate il libro così la smetto di scassare!


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